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20.11 DESIGNER
Elisabetta Franchi si racconta per VanityFair.it
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La Fashion Designer protagonista della rubrica 'Donne che muovono il mondo' per Vanity Fair.it


VANITY FAIR.IT, Novembre 2014

Elisabetta Franchi, protagonista di ‘Vanity Stories’, si racconta nella rubrica  di Vanity Fair.it “Donne che muovono il mondo”. Una donna che ha fatto della personalità il motore del suo percorso di vita e cammino professionale.

“Ho stretto un patto con la Lega Anti Vivisezione e loro mi aggiornano, dandomi notizie e informazioni su cui poi baso molte mie scelte aziendali”.

I pregiudizi tirano brutti scherzi. Fattura più di 100 milioni di euro (e quest’anno si prevede un incremento ulteriore del 10 per cento), ha 224 dipendenti e si muove nel mondo della moda. E invece Elsiabetta Franchi mantiene alta la sua bolognesità, con tutto quello che ne consegue: simpatia, pragmaticità e accoglienza.

Stilista e imprenditrice, non si scompone quando scopre che ci sarebbe stata anche una video intervista e, con le esse tipiche dei romagnoli, scherza: “Ma se la ripresa è a tre quarti, non mi si vedono le scarpe maculate. Che cosa faccio, me le metto in testa? ”. E poi fa un po’ di prove sul suo profilo migliore. Il sinistro. È pronta, via.

Che cosa faceva Elisabetta Franchi prima di Elisabetta Franchi?

“Facevo la bambina che giocava con i vestiti delle bambole: ho sempre sognato di fare la stilista. Finita la scuola dell’obbligo, ho iniziato una scuola per modelliste. Ma le lezioni non facevano per me: non mi interessava la storia antica, volevo osservare le donne attuali, analizzarle, capirle. E così, alla fine, ho lasciato gli studi e ho cominciato a lavorare: la mia famiglia non poteva certo permettersi che io stessi a casa. Sono così approdata in un’azienda dove si faceva il pronto moda, cosa  che negli anni Ottanta era una novità. Sono entrata come Cenerentola e ne sono uscita come braccio destro del grande capo. Ma la mia strada era comunque un’altra. Così, con l’aiuto economico ed emotivo di quello che poi sarebbe diventato mio marito, ho aperto un mio laboratorio e nel 1995 ho creato la mia prima società che si chiamava Le complici. Ma – si sa – nelle società il due non funziona, sempre meglio essere dispari. La cosa insomma non funzionò e decisi di separarmi dalla mia socia. Dopo poco, nel 1998, ho aperto la mia azienda”.

Il suo brand porta il suo nome e spesso, su t-shirt e campagne pubblicitarie, lei ci mette la faccia… Come, nei suoi abiti, possiamo ritrovare qualcosa di Elisabetta Franchi?

“Ci metto il mio nome, la mia faccia, la mia vita. Metto tutto, metto l’essenza del mio essere. Credo che oggi il mondo voglia sapere chi c’è dietro un abito, quali pensieri, quali progetti. E io non mi nascondo”.

 Il suo brand è in grande espansione all’estero… Dove sta andando meglio? Qualche accorgimento per presentarsi negli altri Paesi?

“Oggi ho 66 negozi monomarca, 31 in Italia e 35 all’estero. Sicuramente un buon segnale, ma non si può mai abbassare la guardia: la situazione attuale non è certo facile. L’estero è un mondo che mi si sta aprendo. Il 65 per cento del fatturato è ancora italiano, ma per esempio nell’Ex Unione Sovietica stiamo avendo grandissime soddisfazioni. Alla donna russa piace portare i tacchi, le piace essere notata, è molto femminile, insomma, una donna molto Elisabetta Franchi. Anche il Middle East è un mercato in espansione: sono appena tornata da Dubai e da Beirut e lì ci sono donne straordinarie, bellissime, curate, perfette per vestire la nostra moda. E poi, certo, la Cina, su cui stiamo lavorando molto. Non modifico forme e tagli in base ai territori: l’unica cosa che tendo a fare è dare una cartella colore più ampia, ma i modelli rimangono quelli, ovunque”.

Da Bologna al resto del mondo: qual è la parte di bolognesità che si porta appresso?
“Bologna è una grande terra di donne che lavorano, donne di carattere. Mia nonna è sempre stata un esempio per me: con il matterello tirava la sfoglia e con quello stesso matterello picchiava il nonno… Ecco, questa è la bolognesità che c’è dentro di me!”.

Lei ha attivato l’e-commerce. Come va? Quanto incide sul fatturato?
“Fino a poco tempo fa, Internet era qualcosa di oscuro, che facevo fatica a capire. Ho così mandato avanti i giovani, che mi hanno accompagnata in questo mondo parallelo. Oggi sui social sono seguitissima: le persone vogliono vedere come vivo, come lavoro, come mi muovo. E poi, certo, c’è l’e-commerce: in Italia mi sta dando grandi soddisfazioni e fra poco saremo pronti anche ad aprirci all’estero. Vedremo di capire dove riusciremo ad arrivare”.

Nella proprietà del brand c’è anche un fondo di investimento. Questo che cosa le comporta?
“Nella società è entrato un fondo inglese di investimento, con il 25 per cento delle quote. Credo che questo possa darmi più forza. Diciamolo: li ho un po’ usati per potermi presentare all’estero con un peso diverso. Nella realtà di tutti i giorni, però, non è cambiato nulla. Qualcuno mi ha chiesto se fosse il primo passo per un’eventuale quotazione in Borsa: beh, perché no, senza correre…”.

Lei fa tante, tantissime cose: una donna fa più fatica di un uomo a parlare di business?
“Una donna donna ha davanti a sé mille ostacoli che un uomo non ha. Gli uomini, checché ne dicano, hanno spesso un atteggiamento maschilista e fanno fatica a relazionarsi con una donna, fino a che non capiscono che dietro la treccia e il rossetto sappiamo ragionare. Con un sorriso e una botta sul tavolo io ho imparato a rimettere l’equilibrio. Noi donne poi, dopo il lavoro in ufficio, ne abbiamo un altro: la famiglia è comunque sempre sulle spalle di una donna. Noi dobbiamo fare una doppia fatica…”.

Lei si è spesa molto per i cani. La campagna con l’Enpa, il fatto che i dipendenti possono andare in azienda con il cane… Ci racconta il suo rapporto con gli animali?
“Da quando sono nata ho una passione totale per gli animali: li amo tutti, tranne i ragni che non mi piacciono granché. Mi piace l’idea che attraverso la mia, diciamo così, “popolarità” posso dare una parola a creature che la parola non ce l’hanno, ma hanno comunque tanto da raccontare. Chiaro che questo amore ha un risolvolto sul mio lavoro: non faccio più le pellicce, le rifiniture in lapin (allevati in maniera atorce), non uso nessun tipo di animale. Solo pellicce ecologiche, altrettanto morbide e belle. Ho rinunciato all’angora e da un anno ho eliminato la piuma d’oca: sappiamo bene tutti come vengono spiumate queste oche. Per me è stato un percorso, una presa di consapevolezza. Dalla prossima collezione niente sarà mai più di derivato animale: oggi ci sono tessuti e materiali che ben sostituiscono pelli e pellicce senza sacrificare l’estetica e la qualità del prodotto. Dal 2012 ho stretto un patto con la Lega Anti Vivisezione e loro mi aggiornano, dandomi notizie e informazioni su cui poi baso le mie scelte aziendali. Sostengo l’Enpa e ho attivato in ufficio la Dog hospitality: tutti i dipendenti possono portare il loro pelosino al lavoro. Al pensiero faccio seguire l’azione: niente più atrocità sugli animali”.

E la sua vita privata?
“La mia vita è come quella famosa citazione: in Africa non importa che tu sia leone o gazzella, devi comunque correre. E io corro sempre. La mia vita privata è intensa come quella professionale. Mi sveglio molto presto la mattina: Ginevra, la mia bimba va a scuola e mi piace stare con lei da quando si alza a quando esce. Poi si sveglia Leone, che ha un anno e mezzo: al mattino, prima di andare a lavorare, dedico un’ora solo a lui perché poi so che alla sera non riesco a tornare a casa prima delle otto, già troppo tardi. Accanto a me, c’è Alan, il mio compagno, straordinario: nel 2007 sono rimasta vedova, ma lui ha saputo starmi accanto con attenzione. E ora è una tribu che balla: la nostra casa è un caos e alla sera quando c’è il silenzio, mi dico “E anche oggi è andata””.

P.S.: Elisabetta Franchi aggiorna il suo profilo Instagram quotidianamente con tantissime (e divertenti) foto personali. Un modo veloce per seguirla da vicino. Per trovarla cercate elisabettafranchi.

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